Scrivere di Sport – Setterosa di Aurora Puccio

Scrivere di Sport incontra Aurora Puccio, autore di “Setterosa – come le donne vincono in squadra”

Aurora è una Sport Mental Coach, allenatrice specifica per la performance, esperta in coaching sportivo sia individuale, che di squadra. È specializzata nella pratica della visualizzazione in combinazione con PSYCH-K®, tecnica che trasforma le credenze limitanti in potenzianti. 

Aurora Puccio ha scritto “Setterosa” un libro dove racconta l’impresa della Nazionale Femminile di Pallanuoto che vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene 2004, realizzando un testo dove le storie delle azzurre si intrecciano con le analisi psicologiche dei profili delle atlete. Un libro che contiene una parte di approfondimento della storia dello sport al femminile del nostro Paese, che mette in risalto le difficoltà, le proteste e le conquiste delle atlete negli ultimi decenni.

L’intervista ad Aurora Puccio

Nel progetto Scrivere di Sport ci occupiamo di approfondire la scrittura sportiva e soprattutto vogliamo scoprire i segreti di chi scrive di sport partendo dall’idea del libro e dalla metodologia usata per creare l’opera. Come nasce un’idea editoriale e come si scrive un libro di sport? Che metodo hai utilizzato?

Parto col dire che scrivere è una passione nata per una sfida con me stessa con l’intenzione di mettere a tacere quella vocina interiore che ripeteva in loop: “Non sei capace”. Ho iniziato a partecipare un corso e poi ho aperto il mio blog “C’è un messaggio per te” che ho usato come palestra per esercitarmi e divulgare la cultura sportiva; sia legata alla mia professione che raccontando storie di cui si parla troppo poco perché sono sport minori. Quando ho visto che i miei articoli erano molto apprezzati oltre che per il contenuto anche per la capacità di suscitare emozioni, mi sono detta che solo se avessi incontrato una bella storia avrei superato lo scoglio di scrivere un libro. Si perché in realtà io non ne ho mai sentito l’esigenza. Anche se tanti amici mi spingevano in questa direzione dicendomi quanto fosse importante per la professione. Poi un giorno per caso ho incontrato a Catania l’ex azzurra del Setterosa, Maddalena Musumeci, e da lì è nata questa impresa titanica durata come un’Olimpiade. Ben cinque anni tra interviste, ricostruzioni storiche, scrittura e tutti i passaggi editoriali necessari per pubblicare un libro di qualità. Non sapevo quindi come scriverne uno di sport. Me lo sono inventato. Ho usato una struttura che già funzionava con i miei articoli basata sull’intervista alle protagoniste che era però diversa dal solito, un po’ romanzata così da coinvolgere il lettore in presa diretta con le emozioni e associando un tema da legare con il mental coaching. Essendo poi una storia dove la trama sportiva è influenzata dalle vicende storiche legate alla parità di genere e alla condizione dello sport femminile, prima di tutto mi sono documentata molto sul tema partendo dall’antica Grecia fino ad arrivare ai giorni nostri. Ovviamente sono anche una grande lettrice di libri sportivi e non. Tra tutti mi sono ispirata a “Open” di André Agassi. Inoltre la pallanuoto è uno sport che non ho praticato. Quindi ho studiato anche l’ambiente, ho guardato tante partite chiedendo spiegazioni tecniche alle azzurre. Ho intervistato ex atlete in rappresentanza di ogni generazione, includendo anche la figura dell’arbitro e del dirigente. Volevo osservare la storia da diversi punti di vista. In genere una storia sportiva viene raccontata o dall’allenatore/trice o dall’atleta. Io volevo andare oltre e mettere in condizione il lettore di spostare l’attenzione su punti mai considerati, analizzando nel dettaglio una performance di alto livello. Ho avuto anche la fortuna di vivere qualche occasione il dietro le quinte di una competizione importante grazie a Martina Miceli e Tania Di Mario che guidano l’Ekipe Orizzonte Catania, la squadra più titolata d’Italia e d’Europa di qualsiasi disciplina. Durante la stesura del libro infatti avevo bisogno di ricercare dentro di me quelle emozioni necessarie alla scrittura. Rispetto alle altre azzurre sono le uniche rimaste sempre in attività senza interruzioni dalla vittoria di Atene 2004.  E durante questa fase di studio, grazie a loro ho potuto osservarle in azione e farmi un’idea più precisa di come vivono questo sport meraviglioso che ricordo è il più fisico in assoluto tra tutte le discipline e per questo quasi sempre considerato solo al maschile.

Ora parliamo di “Setterosa”: perché questo libro e in che modo hai messo insieme le storie di questa bellissima squadra?

Bella domanda! Il perché è nato il giorno in cui, dopo l’incontro con Maddalena Musumeci leggendo gli archivi storici delle loro vicende, sono stata attratta dal titolo di un articolo sullo sciopero che il Setterosa stava mettendo in atto per ottenere i premi uguali agli uomini. Lì mi è scattata la molla perché mi sono rispecchiata nella loro storia. Ho preso consapevolezza di quanto io stessa come donna fossi discriminata e non me n’ero mai resa conto. Loro mi hanno permesso di fare questo passaggio. Così ho deciso che mi sarei impegnata a divulgare questa storia per aiutare altre donne a comprendere questo stato di disparità che di fatto esiste. E anche di aiutare i giovani a conoscere il rovescio della medaglia. Il lato oscuro dello sport. All’inizio ho raccolto tanto di quel materiale che avrei potuto scrivere un’enciclopedia sulla pallanuoto e sulla condizione dello sport femminile in Italia e all’estero. Essendo alla mia prima esperienza editoriale, ho voluto affidarmi a dei professionisti del settore come l’agenzia editoriale di Chiara Beretta Mazzotta. È stata lei a valutare le potenzialità del libro e a darmi preziosi suggerimenti che mi hanno permesso di arrivare all’idea di creare una sorta di montaggio come avviene per i film. Partendo quindi dalla famosa finale olimpica di Atene ho messo poi il lettore nella condizione di conoscere il contesto storico sociale internazionale e nel nostro Paese, per poi alternare le interviste con il mental coaching. In una sorta di filo conduttore che arriva fino a cosa succede nel post carriera di un atleta.

Lo sport al femminile oggi: quali sono i traguardi raggiunti e gli obiettivi ancora da centrare?

Proprio in questi giorni finalmente si può parlare di professionismo anche per le donne. Però attenzione vale solo per il calcio. Ci tengo a sottolinearlo perché chi è fuori dal mondo sportivo e anche gli stessi atleti pur allenandosi come dei professionisti, non sono consapevoli che per lo stato italiano sono considerati dilettanti. E questo vale tanto per le donne quanto per gli uomini. “Assist”, che è l’associazione nazionale atlete, da oltre 20 anni si occupa di questi temi e ha dato supporto mediatico anche al Setterosa. Infatti fu il primo caso di disparità portato all’attenzione dei media. Al tempo fece tanto clamore. Di certo è un inizio, come è stato anche per l’introduzione delle famose quote rosa di cui non condivido il principio però accetto come siano necessarie per ottenere un cambiamento. Ancora c’è tanto da fare per dare allo sport femminile un sostegno concreto in tutti i campi come state facendo anche voi nel giornalismo grazie al progetto di Sportive Digitali o alcune TV che stanno puntando sulle donne. Ricordo anche che, durante le ultime edizioni olimpiche sia estive che invernali, sono state le donne ad aver vinto  più medaglie. Di fatto però ancora oggi le donne hanno più ostacoli su tutto. Spazio sui giornali, sulle TV, per gli sponsor, per la pratica. E altri ostacoli come il diritto alla maternità insistente che approfondisco anche nel libro. Anche qui si sta procedendo con lentezza a far rispettare un diritto che è insito in modo naturale nella donna, pertanto non può essere oggetto di contrattazione o di clausole che ne possano violare la scelta.

Memoria storica e sport. Quanto è importante fare un percorso a ritroso nella nascita della disciplina, in questo caso della pallanuoto?

Tantissimo. Mi sono resa conto, grazie a questa esperienza letteraria, quanto da atleta ignoravo l’esistenza di una condizione socio-culturale basata sul patriarcato. Per esempio non sapevo che il mio sport, il softball, fosse tra le 19 discipline vietate alle donne da una legge dello stato italiano abolita solo nel 1975. Mi ricordo ancora lo stupore perché da giovane davo tutto per scontato. Scrivere questa storia mi ha fatto riflettere che un diritto conquistato, come quello del Setterosa, di ottenere i premi uguali agli uomini o altri legati agli spazi in acqua, ai raduni, non sono scolpiti sulla pietra. In qualsiasi momento possono essere persi. Ho capito che un diritto acquisito grazie al sacrificio di altri va sempre difeso e sostenuto. Questo purtroppo i giovani atleti non lo comprendono perché sono nello stato in cui mi trovavo io alla loro età. Ecco perché nel mio lavoro includo anche la cultura sportiva, invito a leggere le storie a prescindere dalla disciplina perché c’è sempre da imparare. E se conosci la storia, visto che si ripete, puoi riconoscere i meccanismi e prevedere certi accadimenti. E poi trovo assurdo che un atleta non solo non conosca almeno la storia del suo sport ma neanche si interessi di altri. Ricordo di essere rimasta colpita anni fa da un giovane calciatore della Juventus che conosceva tutti i nomi della squadra ma alla mia domanda se sapeva di Roberto Baggio mi rispose: “Chi è?”. La responsabilità parte prima di tutto dai genitori e poi dagli allenatori/trici che raramente catturano l’attenzione dei ragazzi e delle ragazze raccontando loro storie alle quali possano ispirarsi. Tutti si soffermano sulla propria disciplina. Occorre andare oltre e comprendere che tutte le storie sono storie di vita.

Il mental coaching sportivo è diventato l’alleato nella preparazione fisica degli atleti. Quanto è importante stabilire un equilibrio mentale?

Raggiungere uno stato di equilibrio è un’illusione che tocca anche altri aspetti della vita. Mi piace pensare più a un funambolo, visto che ho fatto un’esperienza diretta di recente. Camminando sul cavo ho capito che la cosa essenziale è saper danzare nel disequilibrio. È inevitabile che nella prestazione ci siano alti e bassi. Quindi questo stato di equilibrio si sposta di continuo su una linea sinusoidale Se lo si approccia accettandolo come uno stato sempre in movimento e accogliendo il disequilibrio come un’opportunità per trasformare le paure, allora si può raggiungere uno stato mentale fluido e costante. Uno stato dove l’atleta ha la capacità di recuperare i momenti down con rapidità.

Quali delle ragazze intervistate ti ha colpita per la sua forza e fragilità messe insieme in una sola storia?

Devo dire che tutte presentano entrambe le caratteristiche. Mi è piaciuto farle emergere dai loro racconti proprio per fare vedere agli atleti e alle persone in generale che hanno una visione distorta del campione e della campionessa. Come se fossero invincibili e sempre pieni di forza. Invece sono esseri umani e in quanto tali, hanno dimostrato quella fragilità la cui connotazione negativa va sdoganata. Se però sono costretta a scegliere, dico Maddalena Musumeci perché è stata la prima che ho incontrato e abbiamo avuto modo di conoscerci meglio per alcuni progetti fatti insieme. E poi Cinzia Ragusa perché è stata la prima intervista con cui ho iniziato il ciclo per il libro. Ricordo ancora la sensazione inaspettata di cogliere dietro la sua forza di tigre determinata, quella sensibilità e quel dimostrarmi la sua fragilità a cuore aperto. Come se finalmente si sentisse libera di affidarmi questa fragilità, certa che la mia scrittura l’avrebbero trattata con cura. Lì ho sentito il peso della responsabilità crescere e in ogni singola storia ho sempre cercato di rispettare questo lato delicato.

L’ultima domanda è ancora per queste magnifiche ragazze della Nazionale Italiana di Pallanuoto, famosa nella storia dello sport azzurro e internazionale per il grande slam ottenuto nel breve tempo di dieci anni: quattro titoli Europei, due titoli Mondiali e un’Olimpiade. Raccontaci quel momento in cui, mentre scrivevi, ti sei dovuta fermare perché troppo emozionata dai ricordi.

Di momenti così ce ne sono stati tantissimi. A partire dal rivivere con loro la finale olimpica che avevo guardato in TV. Ogni tanto mi davo qualche pizzicotto e mi ripetevo: “Aurora è tutto vero. Stai scrivendo la storia leggendaria del Setterosa” E poi piangevo. Più mi avvicinavo alla realizzazione del sogno più le lacrime aumentavano di intensità guardando quanta strada avevo percorso. Da appassionata di Olimpiadi, le guardo dall’edizione di Los Angeles 1984, e di storie sportive, riuscire a conoscere tutti i retroscena è stato come vivere in un luna park. Poi ho avuto modo di conoscere anche altri protagonisti di quel periodo come Massimiliano Rosolino, Andrea Giani, Stefano Baldini. È stato come realizzare un sogno nel sogno. Infatti sono grata a queste donne straordinarie non solo perché mi hanno aiutata in quel passaggio che ho citato all’inizio. Ma perché davvero ho vissuto un’esperienza unica, seppur impegnativa e piena di imprevisti, che mi ha trasformata nel profondo dell’anima. E vorrei anche ringraziare la due volte olimpionica di ciclismo Antonella Bellutti tra le prime a leggere la bozza del libro il cui feedback positivo mi ha dato la spinta definitiva per portare a termine questo progetto ambizioso.


Il Libro

Setterosa

Come le donne vincono in squadra

Autore: Aurora Puccio

Editore: EBS Print

Prefazione: Antonella Bellutti


La video intervista ad Aurora Puccio

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